Superbonus e Sismabonus, opportunità usata male o solito accrocchio all’italiana?

Negli ultimi anni, Superbonus e Sismabonus hanno ridisegnato radicalmente il panorama dell’edilizia italiana. Due strumenti fiscali ambiziosi, capaci di mobilitare investimenti, aprire migliaia di cantieri e riportare al centro il tema della riqualificazione. Ma anche due misure finite spesso al centro delle polemiche per la loro complessità, discontinuità normativa e gestione incerta.

Con promesse di detrazioni fino al 110%, molti edifici hanno avuto la possibilità di essere ripensati sotto il profilo energetico e strutturale. Tuttavia, quella che poteva essere una leva di trasformazione profonda, si è rivelata una corsa a ostacoli, dove l’urgenza fiscale ha spesso preso il sopravvento sulla qualità progettuale e sull’efficacia degli interventi.

L’idea alla base: condivisibile

L’Italia ha un patrimonio edilizio vetusto, altamente energivoro e spesso non adeguato alle più recenti norme antisismiche. Gli incentivi sono nati con l’intento di stimolare una riqualificazione su vasta scala, puntando alla sicurezza, al comfort abitativo e alla sostenibilità ambientale. L’idea in sé è virtuosa: mettere le leve fiscali al servizio del miglioramento dell’abitare.

Ma in assenza di una strategia di lungo periodo e di un piano organico, la misura ha spesso inseguito l’urgenza piuttosto che guidare il cambiamento.

Dall’opportunità all’ingorgo normativo

Il Superbonus ha alimentato una corsa agli interventi spesso improvvisata. Continue modifiche legislative, requisiti tecnici in evoluzione, ritardi nell’erogazione dei crediti e assenza di un quadro stabile hanno reso il meccanismo poco accessibile ai progetti più complessi e meno appetibile per chi operava con rigore progettuale.

Si è privilegiato ciò che era più veloce e “fatturabile”, a discapito degli interventi con un vero impatto sul patrimonio edilizio strategico – come grandi condomìni, edifici pubblici, immobili vincolati o in zone a rischio sismico.

Una visione mancata

Questi bonus potevano rappresentare l’inizio di una politica strutturale di rigenerazione urbana, ma si sono rivelati, alla prova dei fatti, misure temporanee e mal coordinate. Hanno mostrato chiaramente quanto il nostro sistema faccia fatica a trasformare incentivi economici in processi virtuosi e duraturi.

Mancava – e manca – una visione unitaria che connetta gli obiettivi energetici, sociali e urbani in una regia chiara e competente.

APS: un approccio tecnico, etico, consapevole

Nel nostro studio, abbiamo visto da vicino gli effetti contraddittori di questi strumenti. Alcuni interventi hanno davvero trasformato edifici obsoleti in ambienti efficienti e confortevoli, con una progettazione accurata e coerente. In altri casi, osservati nel contesto nazionale, abbiamo visto come la fretta e l’instabilità normativa abbiano messo in difficoltà anche i percorsi più virtuosi, minacciando la qualità del costruito.

Per noi, progettare significa valutare ogni opportunità con spirito critico, sfruttare gli strumenti disponibili con rigore tecnico, consapevolezza e attenzione alle esigenze reali delle persone e dei luoghi.

Il futuro degli incentivi: cosa abbiamo imparato?

Serve una nuova generazione di politiche per l’edilizia, più stabili, più semplici, più strategiche. Incentivi legati non solo alle prestazioni energetiche o sismiche, ma anche al valore progettuale, alla qualità ambientale, alla coerenza con il contesto urbano e sociale.

Il Superbonus non è stato solo un’opportunità. È stato anche uno specchio: ci ha mostrato le fragilità del nostro sistema normativo, l’urgenza di formazione tecnica, la necessità di pensiero strategico nel costruire le città del futuro.

E oggi, più che mai, abbiamo bisogno di progetti che nascano prima dei bonus. E non il contrario.

A.M.

 

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